Calvini.eu
I
n viaggio con la transiberiana
Racconti di viaggio di
Carlo Duravia 

 



Dopo due notti ed un giorno siamo arrivati sui monti Urali presso una grande città chiamata Ekaterinburg. I monti Urali però non li ho visti perché siamo passati su un grande vallo dove le montagne sono appena pronunciate. Da questa zona, un po’ più a nord, proviene un bambino adottato dal fratello della moglie di mio nipote. Questa grande città Ekaterimburg, dista da Mosca quasi 2 mila km e ci siamo fermati due giorni ed una notte. Abbiamo visitato il posto dove hanno uccisi lo Zar con la sua famiglia.
  
C’era una grande chiesa e la gente continuava a portare fiori e così Brezniev l’ha fatta demolire. Ora c’è una piccola chiesetta di legno, ma la gente continua ancora a portare fiori. Affianco a questa chiesetta però stanno lavorando per costruire di nuovo una grande chiesa in muratura. 
 Al mattino seguente, in una corriera apposita, ci spostiamo verso ovest. Dopo circa 30 km, attorniato da piante boschive e pascoli, quindi nella pace, troviamo un bellissimo manufatto. Ci sono scritti migliaia e migliaia di nomi. Sono le vittime della guerra in Afganistan. Camminando per questi cippi, arrivo al centro. Trovo una cosa davvero interessante: un obelisco con quattro facciate e su ogni facciata un simbolo religioso; la croce dei cattolici, la stella di David, la croce degli ortodossi e la falce di luna dei mussulmani. Mi commuovo e penso: almeno qua hanno trovato l’unità, la concordia e la pace. Ma riprendiamo la strada, in pullman. Sempre verso ovest, verso gli Urali.
 
Dopo circa altri 10 km, arriviamo al cippo che segna il confine tra Europa ed Asia. Mi diverto a farmi fotografare con un piede in Europa ed uno in Asia. Siamo vicini alla città di Pervouralsk.

 
Sempre verso ovest, in lontananza, in basso si scopre una grande città. Potrebbe essere Perm. Visitiamo anche un piccolo villaggio siberiano che si chiama Riesciody. Sulla sera dello stesso giorno ci imbarchiamo sul treno con destinazione Novosibirsk. 
 Stiamo attraversando la grande pianura della Siberia centrale, dal fiume Tobol fino al grande fiume Ob, circa 1500 km. Attraversiamo grandi città come Tuumen e Omsk e villaggi pittoreschi, con case tutte in legno (le famose isbe). Sono proprio graziose queste case! Costruite sul bel verde smeraldo nelle radure dei boschi. Sono fatte con gusto, piene di decorazioni e di fiori. Però… tutte sono coperte di eternit, vale a dire di amianto, da noi classificato cancerogeno.

Ogni tanto il treno si ferma per far salire o scendere qualcuno. Mai comunque più di 15/20 minuti. Per scendere ci vuole il permesso della “kapò” (che c’è in ogni vagone). 
Arriviamo alla terza città della Russia, appunto Novosibirsk. Questa ci appare subito come una nuova moderna e grande città e come tutte le altre anche questa ha una via principale intitolata a Lenin. Per prima visitiamo la cattedrale della Santa Resurezione.

Questa cattedrale, la prima e mi pare anche l’unica, tra quelle che abbiamo visto, è sempre stata aperta. Neanche Stalin è riuscito a chiuderla. Poi visitiamo la minuscola cappella di San Nicola, fatta costruire dagli Zar ed era il centro geografico di tutta la Russia. Assistiamo a tutto un andirivieni di spose vestite di bianco. 
Perché c’è una tradizione: le spose che visitano questa cappella avranno fortuna nella vita. (Nella realtà poi, secondo le statistiche, il 50% dei matrimoni falliscono, così racconta la direttrice del palazzo dei matrimoni). Poco più in la c’è il bel palazzo dei matrimoni. Come ospiti di riguardo, siamo accolti dal responsabile principale, la quale, tra l’altro, ci fa assistere ad una celebrazione: entrano gli sposi, seguono i testimoni e poi gli invitati che si dispongono a circolo a ridosso delle pareti della grande sala rotonda. Una vecchia pianola suona le note dell’Ave Maria di Schubert. E’ sensazione di festa grande. Poi la celebrante, con la fascia a tracolla, si rivolge agli sposi e dopo un breve dialogo, che per via della lingua non capisco, ma intuisco, lo sposo prima e la sposa dopo, infilano un anello nell’anulare della mano dell’altro. Però sulla mano destra e non come noi nella sinistra. La cerimonia, compreso tutto, dura circa un quarto d’ora.  Nella stessa giornata visitiamo anche il teatro della città.

Dicono che sia il più grande del mondo. E’ impressionante vedere il palcoscenico. Abbiamo assistito anche alle prove dei ballerini. Stavano provando il balletto Petruska di Stravinskij.
Notte in albergo. Il giorno seguente, sempre in pullman apposito, andiamo a pranzare in un ristorante a Krasniskok. E’ una ricostruzione di un’isba dei contadini della Siberia. Ci sono tutti gli utensili che adoperavano i contadini. Tutto è bellissimo e pieno di nostalgia. In seguito visitiamo la chiesa di Alessandro Neva, tutta rossa. E’ il primo edificio costruito con i mattoni ed è stato costruito nel 1893. Terzo giorno, pic nic nella prateria ai piedi della taiga. L’agenzia l’ha fatto fare la settimana scorsa anche all’ambasciatore dell’Usbechistàn il quale è rimasto contentissimo. Partiamo in pullman in direzione nord, verso la taiga.

Sul nastro di asfalto, andiamo. Tra i boschi, sotto gli alberi c’è un grande cimitero con tombe di terra curate e con fiori. Forse è qui la pace della Siberia che a volte si sogna!
Ma andiamo. Arriviamo appunto ai confini dove inizia la taiga. (la taiga vera si estende di circa 1500 km da sud a nord e 5000 km da ovest verso est ed è fatta di piante conifere soprattutto tante betulle e tanti pini ed abeti). 

C’è una radura, quindi un prato verde con l’erba alta. Le tre graziose signorine ed interpreti stendono le coperte sull’erba e poi tirano fuori ogni ben di Dio dal cestello.
Ma…due giorni prima era piovuto tanto ed ora, inaspettati c’era una enorme quantità di insetti e di animali molesti: moscerini, zanzare, zecche… ed in alto corvi ed altri uccellacci. Le signorine, con prudenza, avevano portato unguenti e spray per difendersi. Da prima ho pensato di essere più forte io degli insetti. Poi invece ho dovuto ungermi e spruzzarmi dappertutto. Ma pungevano e pungevano ed i loro pungiglioni passavano anche attraverso i pantaloni. Inoltre non mi ero spruzzato la testa, là dove ci sono i capelli. In un batter d’occhio in testa mi è sembrato di avere più insetti che capelli. Non sapevo come fare a difendermi ma… ho resistito ed ero contento di provare nella realtà quello che immaginavo della steppa e della taiga russa. I miei colleghi invece sono scappati quasi tutti. Ma andare dove? 

In corriera naturalmente! Ma la corriera si era impantanata una ruota fino al semiasse. Si è dovuto chiamare un grosso camion militare per tirarla fuori. Ma dopo due tentativi si è rotta la grossa corda di acciaio.
Mi avvicino allora e do dei consigli di come mettersi per tirarsi fuori, Stranamente mi ascoltano, anche quando indico il posto dove passare per tirarsi fuori da quel pantano. Per me è stata una bella avventura. Mi sono divertito. Gli altri un po’ meno. Appena in corriera, sull’asfalto, qualcuno racconta: una volta quando si condannava qualcuno lo portavano nella taiga e lo legavano ad un albero. Invaso da tutti gli animali molesti il poveraccio poteva vivere al massimo un paio d’ore. 

Di ritorno visitiamo il villaggio siberiano di Kalibak con un bellissimo monastero di monache ortodosse. Alla sera invece assistiamo ad un concerto di canti religiosi.  
Il giorno seguente, sempre in pullman apposito, visitiamo la città della scienza Accademgordok o più comunemente detta la città della scienza. Al laboratorio dei minerali possiamo ammirare tanti varietà di elementi. Scopro la mica la quale (dicono che) basta un solo micron per isolare un milione di volt di corrente elettrica. Provo ad alzare un meteorite ed, unico del gruppo, ci riesco (anche per chi riesce ad alzare questo metallo c’è una leggenda). Il direttore del laboratorio ci dice che quella meteorite è caduta sulla terra 4,5 miliardi di anni fa. (mi sembrano troppi, forse vorrà dire milioni). La direttrice poi, con orgoglio, ci mostra un plastico. Delle luci lampeggianti indicano i vari giacimenti sparsi in tutta la enorme Siberia, dalla Kamchatka fino agli Urali ed anche più in là, e dai confini a Sud fino al mare glaciale Artico. Ci sono giacimenti petroliferi e miniere di carbone e di stagno. Ci sono gli smeraldi degli Urali ed ancora molti altri giacimenti di tanti e vari elementi. Non compare però l’uranio. Ad una mia domanda su questo elemento la direttrice rimane sorpresa e molto titubante, quasi con paura risponde che non ci sono riserve di uranio in Russia. Evidentemente questa direttrice, come altri, risente del periodo passato sotto l’Urss e sotto il KGB. Bisogna infatti sapere che ai tempi della guerra fredda, in questo posto vivevano i migliori scienziati della Russia (compreso l’italiano Pontecorvo?) e vivevano come in una prigione dorata: avevano tutto quello che desideravano, ma non potevano uscire da questa cittadina.Sul vespro facciamo un giro in battello sul grande fiume Ob. E’ una cosa stupenda, la bellezza e l’imponenza di questo fiume, nella mia mente, fa passare in secondo piano il Tevere, il Tamigi e la Senna. La guida ci racconta che il bacino di questo fiume, compreso gli affluenti, è grande qualcosa come 6 milioni di kmq. Qualcosa come il territorio di Francia, Belgio, Olanda e Svizzera messi insieme. Alla sera cena in un ristorante usbeko e poi… di nuovo sul treno. Ora lasciamo Novosibirsk alla volta di Krasnojarsk. Il tratto è meno lungo degli altri, ma non ci sono più le grandi pianure di prima. Comunque sempre boschi e taiga. Di tanto in tanto scopriamo dei grossi villaggi dove ci sono fabbriche abbandonate, credo ancora non convertite dal bellico. A Krasnojarsk facciamo un giro in pullman per la città. Percorriamo grandi viali (carrere direbbero in Colombia). Anzitutto via Lenin e via Marx, che non mancano mai in nessuna città. Notiamo subito un grande palazzo in costruzione, da finire. La guida ci dice che quel palazzo doveva essere il palazzo della scienza e avevano iniziato a costruirlo ai tempi dell’Urss, poi sono mancati i fondi, e così è ancora là fermo. Ma a dire il vero, questo cambiamento si nota un poco dappertutto. Le città, le strade, le case sono tutte un po’ in degrado. Nei palazzi, all’esterno, le malte sono un po’ scrostate, ed all’interno i tubi nei bagni sono arrugginiti. Ma torniamo alla nostra Krasnojarsk. Risalta agli occhi subito una cosa: le persone qui sono dei giganti. Certamente più grandi di noi europei. Almeno la metà delle donne è alta come me o più alta (175 cm.) Alcune devo guardarle in alto per vederle in faccia, e sono anche formose. Ma nonostante la loro mole (o forse proprio per questo) sono gente bellissima sia gli uomini sia le donne. E’ anche gente semplice, buona, meno sofisticata di noi, un po’ contadina, come del resto mi sembra di essere anche io. In questa città abbiamo visto il museo di storia popolare, il monumento ai caduti di tutte le repressioni politiche, fontane stupende con giochi di luci e colori, la diga ed il belvedere sul grande fiume Jenisey. 

Abbiamo fatto anche un giro in seggiovia sui monti Saiani, ed una bella passeggiata lungo il fiume Jenisej. In questa città ci fermiamo un giorno in più di quello stabilito dal programma ed andrà a scapito della bella città di Irkustk. 
Ma ora partiamo, di nuovo in treno. Ancora 1100 km in treno e questa volta attraversiamo tutta la grande catena dei monti Sajani. Arriviamo ad Irkutsk di notte e l’indomani mattina dobbiamo partire per il grande lago Bajkal. Peccato perché tra il nostro gruppo ci sono due signore le cui origini sono di questa città. Vorrebbero un po’ vedere se trovano le loro radici. Comunque il mattino seguente prendiamo il pullman e giriamo per la città. C’è il quartiere delle case vecchie in legno ed i quartieri delle case moderne. Ci sono cose belle da vedere, ma non si notano le grandi prigioni costruite dagli Zar per i rivoluzionari ed i criminali e poi utilizzate anche da Stalin insieme ai gulag. Noto invece una grande e bella chiesa cattolica, costruita nel 1999 con affianco 14 cippi, sette per parte. In questi cippi ci sono cestelli di terra, portati qua da 14 gulag dispersi in tutta la grande Siberia. Ancora su questa bella chiesa vedo scritto in alto, a caratteri cubitali: VENI SANTE SPIRITU. Ma dobbiamo partire verso il lago Bajkal. 

Ci separano da esso circa 60 km. Adesso sul lago è caldo, racconta la guida e la temperatura è di circa 25 gradi, ma d’inverno il lago ghiaccia e lo spessore del ghiaccio è di circa un metro e mezzo.
I camion passano ed attraversano il lago sopra il ghiaccio. D’inverno la temperatura media nelle città siberiane è di 25/30 gradi sotto zero. Tuttavia Olessia, una ragazza del posto che “mastica” un po’ di italiano essendo stata in Italia per motivi di studio, ci ha raccontato di non aver mai patito tanto freddo come a Venezia. Arrivati sul lago, mi aspettavo di vedere più turismo, ma invece mi pare modesto. 

Questo lago, lungo circa 500 km, dicono sia la più grande riserva di acqua dolce del mondo.Ci sono più di 300 fiumi che scaricano acqua ed uno solo che esce, l’Angora.Facciamo un giro in barca. Ci sono parecchie leggende su questo lago. Tra tutte quelle sentite, ne racconto una che ha anche mezza verità.
“ Il lago Bajkal, questo vecchio, aveva una figlia che si chiamava Angarà. Lui era geloso di questa sua figlia e non voleva separarsi da lei. Questa figlia però, ad un certo momento si è innamorata. E si è innamorata del grande fiume Enisej. E siccome lei è innamorata non può vivere senza di lui. Allora è uscita dal lago e dopo aver percorso tanti km, in mezzo ai monti, si getta nel grande fiume Enisej e così percorrono la strada insieme fino al mare. Il grande vecchio Bajkal allora, geloso e sconfitto, le gettò dietro un grande masso perché non potesse più ritornare indietro. E la guida ci ha fatto notare questo Sciamano”(?).  Partiti poi in aereo per Mosca, speravo di vedere dall’alto la Siberia e gli Urali, purtroppo non ho potuto vedere niente di tutto questo.Di Mosca non occorre parlare essendo una città molto conosciuta. 

Interessante invece un incontro fatto in metropolitana (la più bella vista da me fino ad ora).Un signore, di Brescia mi pare o di Bergamo, da parecchi anni vive a Krasnojarsk ed è il solo italiano del circondario. Compra ferramenta e trattori e macchine da rottamare e poi le spedisce in Italia per il riciclo. In Italia ha due figli oramai sposati. Aveva anche una moglie ed una figlia, ma queste sono morte in un incidente stradale. Allora lui è “fuggito” e si trova a vivere in Siberia. E conclude: “La Siberia mi ha aiutato a dimenticare”.


 

Calvini's Sanremo 04/2008